Marcello Reboani e i “Must Have” della società contemporanea, dallo Xanax alla Kelly, passando per i tappi della Peroni e della San Pellegrino
Marcello Reboani è un artista timido, uno di quelli che non ama parlare della sua arte, ama viverla in maniera materica, come è la stessa natura dell’opera e dell’uomo. Nel senso di un attaccamento alle materie prime di utilizzo quasi fisico che trascende l’idea o il concetto da esprimere e si fa esso stessoprotagonista dell’esperienza artistica. Alla Galleria La Nuvola di Fabio Falsaperla e Nicoletta Maria Gargari, storico luogo d’arte e di artisti situato in via Margutta 62/a, all’interno del mitico cortile dove girarono alcune delle scene memorabili di “Vacanze Romane” con Audrey Hepburn e Cary Grant sulla Vespa, la mostra “Must Have” prosegue fino al venti febbraio, forte di un successo che tra dicembre e gennaio ha portato qui già molti visitatori, italiani e stranieri, collezionisti, appassionati e semplicicuriosi.
Ad attirare un pubblico misto è stata la natura trasversale di questa mostra che dall’arte sconfina nella sociologia e nella moda, con una vena ambientalista che di questi tempi non guasta mai, e che nell’opera di Reboani si percepisce come autentica e mai come puro strumento di marketing. “I Must Have non si identificano come tali per una questione di costo – spiega Reboani – ma per il fatto di essere diventate icone, indipendentemente dalla fascia di consumo a cui sono dirette. Tra quelli scelti per questa mostra – trenta a inizio esposizione molti dei quali già venduti, ma contenuti nell’originale e completo catalogo di Melissa Proietti, curatrice dell’esposizione – ci sono infatti dalle borse Kelly di Hermes ai Rolex alle Manolo Blanhik, ma anche i tappi di bottiglia della Peroni della San Pellegrino e lescatole di alcuni medicinali”.
Tra le immagini selezionate per rappresentare l’immaginario collettivo della società contemporanea, Reboani ha inserito infatti anche alcune medicine si potrebbe dire ad alto consumo, per curare mal di testa, ansia, crisi di panico, insonnia, per gran parte disturbi da stress e depressione, elementi troppo spesso considerati marginali, ma quasi universalmente presenti in maniera latente nell’uomo contemporaneo. “Non c’è un giudizio di valore sui must have rappresentati, non sono ne buoni ne cattivi, si riferiscono a tutte le classi sociali e a una fascia allargata della popolazione per la gran parte”, Reboani insiste su questo concetto, sulla difficoltà, come sottolinea anche la curatrice Melissa Proietti, “Ad individuare gli oggetti giusti, che non feriscano la sensibilità dello spettatore, ma che d’altro canto lo colpiscano al cuore, emotivamente, come del resto è compito stesso di un’icona”.
Le opere sono realizzate quasi totalmente con materiali di recupero, dal legno all’alluminio ad oggetti riesumati da vecchie cantine che Reboani assembla e reinventa come pezzi che andranno a comporre ad esempio un juke-box, una delle opere esposte maggiormente composita, ma anche una scarpa dacentinaia di dollari con viti e bulloni a fare da decorazioni (così era anche composto il ritratto di Steve Jobs, già venduto). Per l’artista in questo caso non vale la “sicurezza degli oggetti”, ma la fluidità dei materiali che prendono nuova vita secondo la disponibilità e l’ispirazione del momento, non a partire da uno scheda predeterminato. Una vita senza fronzoli, lontana dal consumismo, vicina all’arte.
La mostra prosegue anche nella sede che si affaccia su via Margutta della Galleria La Nuvola, al civico 51/a, dove sono esposti i planisferi, altro capitolo della produzione artistica di Reboani, sempre realizzati a partire da un riferimento materico e da un bagaglio di ricordi di chi ha viaggiato per mesi in una barca sull’Oceano Indiano.