C’era Una Volta…
Marcello Reboani ama le icone e tutto ciò che, nato come effimero o comunque senza promesse di eternità, finisce poi, per i misteri del mercato, per diventare un oggetto senza tempo, e sopratutto, senza scadenza. Dai Ray-Ban alla Birkin di Hermes, dalle Blahnik alla Cadillac, dalla Nikon ai Levis.
Insomma, dallo Xanax al Che Guevara. Nel caso delle fiabe, le icone davvero non mancano e Reboani ci gioca, attualizzandole, però, per farle diventare oggetti di culto, uscendo dalla tradizione per entrare nel campo della moda. Se questa è la filosofia di un’immortalità da consumare, al di là della mortalità del consumo, non stupisce che la prima icona sia il Piccolo Principe, estrapolato dal contesto fantastico del romanzo per diventare simbolo letterario e grafico di uno status intellettualoide, che impone il ritorno al fanciullino come poesia e profondità dell’essere. Qui non c’è il piccolo esploratore di Saint-Exupèry, ma qualcosa di diverso e non meno forte. La sua immagine che, nei decenni, si è moltiplicata su oggetti e realtà differente, fino a uscire dalla letteratura per farsi mera estetica.
Icona per icona, il gioco della moltiplicazione e diffusione continua a coinvolgere l’idea del gruppo. Gruppo che è massa che consacra e massa che è consacrata. La fiaba del passato lascia il posto alla modernità di disegni tutti da inventare e animare. Sono gli anni Settanta dei Barbapapà, famiglia di zucchero filato – dal nome francese del dolce nasce quello dei personaggi – capace di diventare ciò che vuole, in ogni occasione, e scoprirsi realmente utile nell’elasticità e duttilità dell’informe, l’indefinito che ha come esoscheletro virtuale una gabbia di valori – più o meno effimeri – chiari, dalla vanità di Barbabella ai muscoli di Barbaforte, dall’amore per la musica di Barbalalla a quello per la pittura di Barbabarba, dalla passione per la di Barbottina a quella per gli animali di Barbazoo, fino al piacere di scienza e invenzione di Barbabravo. Ecco il segreto dell’icona: cuore dell’intera famiglia è l’arte, nella sua difesa, promozione e divulgazione. Impossibile non tributarle un monumento di pensiero, con un pizzico di vanità. D’autore e osservatore.